«– Qualcosa ci spinge contro quello che siamo.
– Devi adeguarti e basta sennò passi per quello che protesta sempre.
– Allora chi è che si diverte a farsi beffe dell’umanità?
– Il diavolo probabilmente.»
Robert Bresson, Il diavolo probabilmente, 1977.
«– Dio esiste o no, una volta per tutte?
– No.
– E chi si prende gioco degli uomini, Ivan?
– Il diavolo, probabilmente.»
Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov, 1879.
La nostra specie ha la convinzione di essersi affrancata dalla natura e di poter osservare i fenomeni del mondo da una certa distanza. Questo pensiero nutre le mitologie fondative di molte discipline e saperi umani, una sorta di peccato originale delle scienze e tecnologie moderne che ha autorizzato la nostra specie a predare, estrarre come se tutto il resto dei viventi e dei non viventi fosse lì a disposizione. Tuttavia, se qualcosa scompone questa presunzione di onniscienza e controllo, come il palesarsi di una crisi o di un disastro, l’umanità è ancora oggi pronta a chiamare in causa entità sovrannaturali, che sia dio o il demonio, e a de-responsabilizzarsi.
Nulla si crea da solo, vive da solo, muore da solo. Ogni vivente di ogni specie, insieme ai non viventi, mondeggia insieme. La natura, insegna Donna Haraway, è un olobionte, un essere intero, composto di molti in cui le creature con-divengono l’una con l’altra.
Ri-conoscere l’assemblaggio simbiotico che è la natura ha voluto dire per Daniele Cinciripini mettere in questione la propria statura e il proprio metodo.
Ha scelto di muoversi esclusivamente a piedi per fare corpo col mondo e ogni ombra, che fosse quella di un albero o di un ponte, diventa rifugio da sole e calura nel lungo cammino tra Castelfranco e Padova. Guardare tutto, senza escludere niente, con-vivere consapevolmente con i fenomeni co-creati che danno forma al mondo. Riconoscere la capacità di altri viventi, e non viventi, di creare figure e rappresentazioni. Col fine di ri-immaginare e rimaneggiare il concetto di natura, includendo il genere umano.
testo di Serena Marchionni